Il Banco: un salvagente per tante persone!
«El volutariado es amor», dice Paula Andrea Flores, una delle volontarie del Banco Alimentare del Trentino Alto Adige. Colombiana, mamma di due ragazzi e da 11 mesi in Italia. Vicino a lei c’è Francesco Isernio, 53 anni, napoletano da 25 anni in Trentino. «Sono qui al Banco a dare un aiuto e l’aspetto più incredibile è che tutto è iniziato per una cosa brutta, mentre adesso ne sto facendo una stupenda».
Paula e Francesco chiedono ai giornalisti de L'Adige 7 se vogliono sapere la loro storia. Una storia complicata, con tanti colpi di scena. E i giornalisti stanno in ascolto per capire chi sono questi volontari, chi sono queste persone che dedicano il proprio tempo libero agli altri, senza volere nulla in cambio.
Inizia Francesco, un vero napoletano, simpatico e chiacchierone. Ex lavoratore alla Whirpool, trovatosi poi disoccupato dopo una vita in fabbrica. «Diciamo che a un certo punto della mia vita mi sono trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato, anni fa. Ero ai domiciliari e dovevo fare quasi trecento ore di lavori socialmente utili. Così sono arrivato qui e ho fatto qualche colloquio per capire cosa dovevo fare: poi ho iniziato mesi prima che iniziasse il conteggio delle ore “obbligatorie”. La mia vita ha avuto altre svolte, come l’operazione per un tumore, ma ormai ho il Banco, e io da qui non mi muovo. Ho trovato dei lavoretti, ma ogni volta sottolineo che io posso lavorare solo nel pomeriggio o la sera, perché la mattina il mio impegno è qui. E la paga è il sorriso della gente. Nella mia vita ho saputo rialzarmi più di una volta, e tutto quello che mi è successo si è trasformato in una cosa bellissima, in gesti quotidiani e umani che riempiono il cuore. Qui ho trovato chi mi tende la mano e quindi io a mia volta tendo la mano ad altri».
Paula annuisce: vale lo stesso per lei. «Il libro della mia storia, sono tanti capitoli, a volte complicati. In Colombia, a Medellin, ero senza lavoro, così tramite mia sorella ho accettato di venire in Italia, per provare a ricostruirmi una vita. È stata una decisione difficile, nel mio Paese avevo i miei figli ma anche dei problemi, quindi il viaggio rappresentava la soluzione migliore. Ma all’inizio è andata malissimo: sono finita fuori casa per delle questioni personali di mia sorella, le prime persone che hanno provato ad aiutarmi in realtà non lo facevano per generosità. Mi sono trovata in una situazione molto complicata. Una sera ero su una panchina, di fronte alla casa dove ero ospitata da una donna conosciuta per caso. Un uomo a spasso con il cane mi ha vista e salutata. Abbiamo provato a chiacchierare ma non parlavo bene l’italiano: però avevo un grande bisogno di sfogarmi e di raccontare, anche se sono una persona riservata. Così qualche giorno dopo siamo andati a bere un caffè insieme. Poi una passeggiata, mentre io raccontavo la mia disperazione. Alla fine ho trovato in lui uno scoglio su cui aggrapparmi, una possibilità, un aiuto».
Quella persona a spasso con il cane era proprio Francesco. Francesco e Paula sono oggi una coppia, non solo sul furgone del Banco andando a raccogliere il cibo per gli altri. «Ovviamente lui mi ha portata qui al Banco, ed è stato l’unico luogo dove non mi sentivo straniera, dove non mi sentivo indesiderata, dove mi sentivo in famiglia. A poco meno di un anno dal mio arrivo in Italia, dopo mesi difficili, veramente molto difficili, da qualche tempo posso svegliarmi serena e contenta di venire qui al Banco, per aiutare gli altri. Per me è stato un salvagente».
Un grazie di cuore ai giornalisti de L'Adige 7 per aver raccolto queste splendide testimonianze!
Photo credit: Alessio Coser